venerdì 13 giugno 2014

Deserto

Soffocante. Polveroso. Ostile. Metodico. Il caldo non si concedeva riposo. Lui arrancava da solo. Alla ricerca di un goccio d'acqua. Per distrarsi ricordava quando sul pianeta pioveva. Aveva in mente i fiori. Immagini sfocate di colori che non esistevano più. Giallo, marrone, grigio, nero. Questo era diventata la terra dopo la grande esplosione. Era bambino lui. Così piccolo da potersi riparare dentro una grotta. Da riuscire ad adattarsi. Allattato con il sangue degli animali morti prima, poi dei suoi simili. Nemmeno a dire che pochissimi della sua specie erano sopravvissuti. E non ricordava da quanto non incontrava un suo simile. Talvolta da lontano avvistava quei nuovi esseri. Rettiloni. Se erano in controluce potevano apparire quasi umani. Ma poi no, le squame, gli occhi sporgenti, quell’andatura bizzarra, un po' a quattro zampe un po' eretta. La coda corta. Strani. Si teneva alla larga, ad ogni buon conto. Meglio viaggiare da soli. Ma l'acqua era un tormento. E’ pur vero che lui, di acqua in senso proprio, ne aveva vista poca assai in tutta la sua vita. Diciamo ’liquidi’ di ogni specie. Anche una spina di cactus può dare sollievo e spingere la vita un po' più avanti. 
Era stremato. Niente miraggi, no. Solo la sensazione che le gocce preziose fossero nascoste li vicino e lo guardassero dispettose. Dietro una roccia. Ad certo punto ne fu certo. L'odore. Il profumo dell'acqua. E, si’, eccola. Gialla e melmosa. Forse nemmeno acqua. Meglio non sapere. Chissenefrega, sospiro’ lui. Bevve. Le sue squame  si serrarono nella memoria di un brivido di piacere. La coda spazzo’ i cespugli in segno di gratitudine. 

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