Guido e il suo specchio riflettevano. In più, l'uomo snocciolava in fila gli ostacoli da superare in giornata. Alti, bassi, obliqui, inaspettati. Qualche sberleffo con il suo doppio, tanto per mettere un po' di ginnastica facciale e di ironia alla giornata e via.
La routine mattutina era sempre quella. Altrimenti che routine sarebbe stata? Barba, doccia, caffè con musica, il rituale meticoloso della vestizione, telefonata di buon giorno ai bambini, sempre sperando di non incocciare mammina, telefonata numero due a mamma', senza alcuna speranza di evitare consigli e raccomandazioni più o meno surreali. Con Federica, la sua nuova attrazione irresistibile non parlava mai di prima mattina. Meglio evitare certe intimità. Piuttosto, il pensiero si dirigeva più rapidamente del corpo verso la sua stanza nel palazzo ministeriale. Le scartoffie già prendevano vita. “Mmmm, ma questi sono straordinari”, si ribellava sempre Guido, cercando di non cadere in tentazione. E poi la passeggiata fino all'ufficio. Senza eccezioni meteorologiche, quei venti minuti erano imprescindibili. Il simulacro di una attività fisica quotidiana.
Il cellulare di Sergio lo avverti' che erano le 8,40. Il suo stomaco lo sapeva già e si contorceva da un po', indeciso tra il bisogno di essere rifornito e la consapevolezza di non poter accettare intrusi. Grande giornata, oggi. LA giornata. Anzi, LA prova. Dopodiché ... Già, dopodiché ... Cosa? L'immaginazione di Sergio non riusciva ad andare oltre. Come se il mondo finisse su quelle colonne d'Ercole. Ne sarebbe uscito vincente. Solo questo contava. La strette di mano degli amici. Il filmato su Youtube. Magari ne avrebbero parlato in tv... Per questo bisognava essere precisi, nessuna esitazione, pochi gesti efficaci. Meglio ancora, una mossa unica. La consacrazione. Controllo’ ancora una volta l'abbigliamento. Jeans usati ma non troppo, maglietta a maniche corte con il logo del team di arti marziali. Peccato, il tatuaggio del dio del tuono, Thor, si vedeva poco. “Thor rappresenta teologicamente il dio (e l'uomo) che possiede, oppure è totalmente identificato, con l'"arma" divina, la ’virtù’”, si legge in wikipedia. Sergio si compiace assai di conoscere Wikipedia e Thor e ha imparato a memoria queste poche righe che talvolta ripete ai nuovi amici per far colpo o tra se' per non dimenticarle. “Insomma, l'ora e’ giunta, chiunque l'abbia detto”. Sergio raddrizza le spalle, scrolla la testa, accenna a un passo tra danza e boxe. Come in un telefilm. Un bacio ai pupi, gocciolanti muco e cereali in cucina, un altro a Silvietta, alle prese con la vita vera di madre, moglie, impiego. I venti minuti in bicicletta fino in centro, Sergio li percorre sperduto nei suoi pensieri: la squadra del cuore, un gioco per il computer appena uscito, quel nuovo istruttore di ’lotta di strada’, Felice, così bravo, ma così filosofico. “Tie', proprio Felice si doveva chiamare uno così”, sbotta tra se’.
Lo aspettavano. Gli occhi di Sergio si focalizzano subito su di loro. Solo tre. Uno aveva la telecamerina. “Meno male”, sussulta l’ego. Gli altri, certo, avrebbero immortalato con i telefoni. “Magari a Silvietta non piacera’”. Ma la coscienza non venne a galla e affogo’.
“Dammi il cinque”. I quattro Fonzies non avevano tanta dimestichezza con il linguaggio. Meglio recitare il copione dei tanti telefilm assorbiti. Molto più semplice che vivere di vita propria. Si avviano. L'incrocio non e’ così affollato. La prima ondata di lavoratori era già seduta al suo posto.
“Il primo che sbuca da quell’angolo?”. “Il primo che sbuca da quel l'angolo”. “Donne?”. “No, donne, per ora, no”. “Ok”.
Un minuto. Cuore finalmente in gola. Sangue nelle vene a mille. “Ci sono. Adesso. Guarda quella telecamera davanti alla banca. Con quella vado sui tiggi”.
Guido spunto’ serafico. Mani in tasca. Testa verso i terrazzi fioriti di aprile. Non lo vide proprio Sergio, se non nei panni di un enorme pugno che si abbatteva sulla sua faccia. Stupore. Poi il crocchiare della testa sullo spigolo. “Mi sa che oggi non ci arrivo al lavoro”.
Sergio volo’, il berretto calato ma non troppo. “Diamine, chi mi conosce deve rinoscermi. Ahahahh che faccia, quello. Che occhi vuoti quando e’ caduto.nemmeno ha provato a reagire. Gente così, uno sgrullone se lo merita. A prescindere”. Ma la citazione era inconsapevole.
Sul desk di Guido un grande mazzo di fiori e molti sussurri. Più che altro su chi prenderà il suo posto. Sergio scappa. Vola veloce. Scappa. Scappa stupito. Un solo pugno. L'iniziazione. Il precursore italiano del ’Knockout game’. In America va forte. E quello va a morire? Eddai. Preso. Riconosciuto da telecamere e conoscenti. “Non sono una star? Sto al tiggi. Non la volete una foto con me?”.
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