Elsa era proprio contenta. Dopo dieci giorni di vacanza ad Alba adriatica, tornare a casa faceva bene. Infilo' le chiavi nella serratura, fece un passo avanti e ecco la penombra dell'ingresso. Meno male, la sanseveria non ha sofferto. Un po' floscio invece lo spatifillium, ma niente che non si possa risolvere con un po' d'acqua.
Elsa porto' la valigia in camera da letto e cominciò a disfarla. Gli abiti sporchi per la lavatrice, qualcosa da portare in tintoria, il maglione di cachemire grigio comprato in fabbrica nel cassetto in attesa dell'inverno, i maccheroncini di Campofilone, specialità locale, in cucina. E il piccolo acquerello acquattato nella polvere di una bottega di Tortoreto nella stanza degli ospiti. Ci aveva pensato a lungo, Elsa, prima di comprarlo. Non che costasse una fortuna, ma comunque, aveva senso, alla sua età accumulare cose? Non sarebbe il tempo di lasciarsi indietro gli oggetti, si era chiesta. Non è più il momento di progetti, aveva ragionato. Ma invece, evidentemente, non era così. Quella marina, forse banale, ce l'aveva avuta negli occhi per giorni. Aveva rovistato nell'immaginario del suo appartamento per collocarla qui o li. E alla fine aveva deciso che era perfetta per la stanza degli ospiti, accanto allo specchio con la cornice di noce. L'avrebbe rischiarata un po'.
«bene, mi faccio un caffè e l'attacco subito», si ripromise. La vacanza l'aveva proprio tonificata, riflette', fisicamente e mentalmente. Vivere soli e' piacevole, ma talvolta un po' di compagnia si fa apprezzare.
Chiodi, martello e quadretto in mano, Elsa si diresse quindi verso la stanza degli ospiti. «ma... Che succede? Dov'è la porta? Qui c'è solo un muro... Ma come? Ecco il quadro che sta sulla parete della stanza degli ospiti. Ecco la sedia accanto al letto. Ecco la cassettiera e lo specchio. Ma... La stanza, dov'è?». Elsa si guardo' intorno sconcertata. I mobili, a parte il letto, c'erano tutti. Quindi? Si era immaginata una stanza? Possibile che dieci giorni di vacanza l'avessero disorientata fino a quel punto? D'altra parte, non poteva non credere ai suoi occhi: la stanza non c'era. Il muro era liscio e decisamente compatto. Alzeimer? Confusione senile? Un brutto male al cervello? Elsa cominciò a spaventarsi. E non sapeva che fare. Si vergognava di parlarne con qualcuno, non aveva voglia di farsi dire che era pazza o rimbambita. «va bene, sono stanca del viaggio. Ora mi preparo una insalata e vado a dormire. Domani avrò le idee più chiare».
Tuttavia la mattina dopo il problema era sempre li. La stanza restava immaginaria, ma assolutamente reale nella sua testa. Elsa era convintissima di aver sempre avuto una stanza degli ospiti. I fatti,però, le dicevano che li’ non c'era nessuna stanza degli ospiti ma un bel muro solido. Insomma, solido quanto possono essere i muri di una casa costruita negli anni '60. Ma cavillare sulla qualità dell'architettura d'epoca non aiutava a risolvere la questione.
Elsa cerco' di far finta di niente e riprese la sua vita normale. Giornale, spesa, quattro chiacchiere con i negozianti, la passeggiata al parco. Un po' di tv la sera, gli indispensabili libri, la soddisfazione delle sue piante. Solitaria era sempre stata. Niente figli, niente fratelli o sorelle. Alla morte del marito si era concentrata sul giorno per giorno. Ma in scioltezza. Senza recriminare. Adesso, però', la storia della stanza non la lasciava in pace. «Possibile? Possibile?», continuava a chiedersi. E così, dopo qualche settimana di tortura psicologica, Elsa decise di prendere il toro per le corna e andò al Centro anziani. Aspettò di incontrare Lucia, una volontaria molto simpatica e di piglio. Lei avrebbe saputo chiarirle le idee. Magari consigliarle un medico...
«Lucia, sto diventando pazza. Temo», esordi'.
«Elsa, ma che dici? Siamo state ad Alba poche settimane fa e se tu fossi pazza me ne sarei accorta, no? Siamo state sempre insieme!».
«si', ma vedi, mi succede una cosa molto strana... In casa mia ho una stanza immaginaria... Insomma, tornata dalla vacanza, dove pensavo ci fosse una stanza, non c'è altro che un muro. Quella stanza, così reale per me, non esiste, eppure io sono sicura di averla sempre avuta. Ne ricordo l'arredamento, i dettagli, la finestra, il tappeto. Ma la stanza non c'è. C'è il mobile, c'è il quadro che era sulla parete in fondo, ma... Lucia, non ci sono molte spiegazioni possibili: sto male».
Lucia era perplessa: storia inverosimile assai, in effetti. Ma Elsa la conosceva bene e pazza non era. Nemmeno svanita, in verità. Anzi, sempre sorridente e con la battuta pronta. «Elsa, non so che dirti. Vuoi che venga a dare un'occhiata? A me sembri perfettamente lucida e in te... Vogliamo andare dal medico? Magari il fatto di aver trascorso dieci giorni fuori dal tuo ambiente ti ha creato qualche scompenso, non so... Però ormai sono passate tre settimane, avresti dovuto esserci ripresa...».
«ecco, lo credo anche io. Per questo ho aspettato a parlarne. Mi vergogno anche un po'. È un tormento vero». Elsa era affranta.
Lucia la rassicurò. Poi si fece un bel giro nel quartiere. Nessuno, proprio nessuno aveva notato stranezze o tantomeno segni di squilibrio in Elsa. Magari un po' sovrappensiero ultimamente, meno sorridente, ma non più di quello.
«Sempre piu strana, questa storia», si incuriosi Lucia. Andò a visitare Elsa per vedere, anzi non-vedere, con i suoi occhi la stanza fantasma. Tutto sembrava normalissimo. Elsa sembrava normale. Uscendo, sul pianerottolo incontrò i vicini della sua amica. Una coppia di giovani, parecchio trasandati a dirla tutta, con un neonato. «Sono Marco e Paola -li presentò Elsa- vivono qui da pochi mesi e hanno appena avuto Giorgio. Carino eh? Ogni tanto lo sento piangere al di la' del muro. Ma non da fastidio», si affretto' a rassicurare i due giovani che, in silenzio, si limitarono a scambiarsi una occhiata impaziente. A Lucia non piacquero affatto. Come non le piacque il fatto che prendessero loro l'ascensore senza nemmeno accennare a dare la precedenza a quella signora anziana.
Lucia penso' parecchio al mistero di Elsa. E le venne una idea. Inconcepibile. Ma era una possibile spiegazione alla ’pazzia’ della sua ottantenne amica.
Così, la mattina dopo, andò decisa a suonare il campanello della famiglia che abitava sotto ad Elsa. E chiese all'allibita proprietaria di vedere l'appartamento. “Mi scusi, sono amica della signora del piano di sopra. E, lei non ci crederà, ma le e' scomparsa una stanza... Mi è venuto un sospetto. Posso verificare?». La signora, benché attonita, accetto'. E, eccola li, la stanza mancante. Il piano di sotto ce l'aveva, eccome. Stessa scena al piano sopra quello di Elsa. Anche li', la stanza c'era. E la coppia che ci abitava aggiunse un dettaglio: «Elsa non c'era il mese scorso? Strano, abbiamo sentito il rumore dei lavori nel suo appartamento... Mah, forse allora erano i suoi vicini. Forse per il bambino hanno cambiato qualcosa....».
Per quanto incredibile, eccola la spiegazione. Lucia capi'. Marco e Paola avevano fatto ’la spesa’ immobiliare a casa di Elsa. Durante la sua assenza, si erano appropriati di una stanza della sua casa. Contavano sulla senilità di Elsa. Sul fatto che, essendo sola al mondo, non avrebbe saputo cavarsela e avrebbe lasciato correre.
Messi alle strette, i due confessarono. Con lieve imbarazzo, si giustificarono: «be' la signora è sola, che se ne faceva di tutto quello spazio? A noi una stanza in più con il bambini serviva proprio, ma soldi per pagarla non ne abbiamo. In fondo, siamo giovani, lei vecchia...».
La conclusione la scrisse il tribunale. Elsa ritrovo' la sua stanza e con essa la pace mentale. Marco e Paola, processo a parte, furono costretti a cambiare quartiere per direttissima.